Nelle procedure per l’affidamento di contratti pubblici, l’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici (previgente d.lgs. 50/2016), che prevede l’esclusione dell’operatore economico se ha commesso viola­zioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti, è applicabile anche nel caso di contratti da cui l’Amministrazione consegue un’entrata, perché costituisce la declinazione di un fondamentale principio di ordine pubblico economico, diretto a soddisfare l’esigenza di disporre di un soggetto, contraente con l'Am­ministrazione, affidabile sotto il profilo morale e degli altri requisiti richiesti e perché è volto, nel contempo, a prevenire la distorsione delle dinamiche del mercato e della concorrenza.

TAR Veneto n. 195 - Sez. I, 1° febbraio 2022

Aggiudicazione provvisoria: nessuna comunicazione di avvio del procedimento di annullamento

L'aggiudicatario provvisorio ha solo una aspettativa alla conclusione del procedimento. La procedura di gara risulta cristallizzata soltanto con l’aggiudicazione definitiva.

La Terza Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 27 novembre 2011ha stabilito che se è corretto ritenere che "la qualità di aggiudicatario provvisorio conferisca alla Ditta una posizione giuridica qualificata e differenziata sul piano della tutela giurisdizionale, come ha premesso il T.A.R., non lo è altrettanto desumerne che l’Amministrazione sarebbe stata tenuta a comunicargli l’avvio del procedimento di autotutela.".

Ad avviso del Consiglio di Stato, il TAR avrebbe trascurato in questo modo, di considerare il consolidato insegnamento della giurisprudenza secondo il quale l’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, inserendosi nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo.

La definitiva individuazione del concorrente cui affidare l’appalto risulta, infatti, cristallizzata soltanto con l’aggiudicazione definitiva, sicché, “versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara e vantando in tal caso l’aggiudicatario provvisorio solo una aspettativa alla conclusione del procedimento, non si impone la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela”.

 

Agli appalti finanzianti anche solo in parte dal Pnrr/Pnc si applicano, come chiarito nel comma 8 dell’articolo 225 del nuovo codice, le disposizioni contenute nel codice dei contratti pubblici d.lgs. n. 50/2016. 

Deve ritenersi inesatta la valutazione compiuta dalla stazione appaltante che, nel reputare la mancanza di elementi essenziali (sul dato del riferimento all’abrogato codice dei contratti pubblici) ne ha travisato l’oggetto. Invero, l’inesatto riferimento all’art. 89 del d.lgs. n. 50/2016 non può valere a fondare l’esclusione del concorrente, occorrendo far prevalere la sostanza sulla forma e privilegiare l’evidenza mostrata dal contenuto del contratto (a prescindere dall’addotta permanente vigenza dell’abrogato codice dei contratti, per le opere finanziate con fondi PNRR). Anche il richiamo al nono comma dell’art. 104 del d.lgs. n. 36/2023 si dimostra inesatto, essendo palese dal tenore della norma che le verifiche in ordine all’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento e al loro diretto impiego nell’appalto attengono alla fase posteriore dell’esecuzione e non possono quindi condizionare l’ammissione del concorrente.

di Carmen Iuvone in Scienza dell'Amministrazione scolastica n.4/2023

TAR Campania, Napoli, sez. I, 20.10.2023 n. 5716

Nella controversia in esame l’appellante deduce di non essere mai stato informato dell’avvio del procedimento relativo all’annullamento del precedente provvedimento di ammissione, lamentando pertanto la violazione delle garanzie partecipative previste dalla L. n. 241-1990.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto il motivo destituito di fondamento in quanto le invocate garanzie procedimentali non trovano applicazione degli atti meramente procedimentali, tra cui deve annoverarsi l’aggiudicazione provvisoria, che fa nascere in capo all’interessato solo una mera aspettativa alla definizione positiva del procedimento stesso, ma non costituisce il provvedimento conclusivo della procedura di evidenza pubblica, avendo, per sua natura, un’efficacia destinata ad essere superata.

Pertanto, ai fini del suo ritiro, non vi è obbligo di avviso di avvio del procedimento ovvero di preavviso di rigetto ex art. 10-bis l. n. 241-1990, poiché nel caso di procedimento iniziato ad istanza di parte quale quello di evidenza pubblica non può ammettersi una partecipazione procedimentale come invocata dall’interessato.

Infatti, l’atto di aggiudicazione provvisoria non è individuabile come provvedimento conclusivo della procedura di evidenza pubblica, tanto che la sua omessa impugnazione non preclude l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, e ai fini della sua revoca o del suo annullamento (a differenza di quanto accade per l’autotutela dell’aggiudicazione definitiva) non vi è obbligo di avviso di avvio del procedimento; pertanto, sarebbe incoerente escludere la possibilità di intervenire in autotutela nei confronti di una pre-decisione come l’aggiudicazione provvisoria.

Se non si consentisse alla stazione appaltante di rivedere gli esiti delle decisioni preliminari assunte durante la gara, sarebbe anche difficile individuare uno spazio concreto per l’attività di controllo, che pure l’organo competente ad adottare l’atto di aggiudicazione definitiva è tenuto ad effettuare, sugli atti compiuti dal seggio di gara sino all’aggiudicazione provvisoria (così, da ultimo Consiglio di Stato, sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4107).

La revoca dell’aggiudicazione provvisoria, ovvero, la sua mancata conferma, non è, difatti, qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato.

A conferma di tale ricostruzione deve aggiungersi che con l’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) l’aggiudicazione provvisoria è stata sostituita dalla “proposta di aggiudicazione” (art. 33) che a fortiori postula la non definitività dell’atto (…)

Nel caso in esame una delle imprese, non risultata vincitrice, ha impugnato l’aggiudicazione di un appalto di lavori da parte di un Comune, per due ragioni: da un lato non sarebbe stata esclusa dalla gara la ditta vincitrice, che invece avrebbe formulato un’offerta economica in violazione della lex specialis di gara e, dall’altro, la commissione valutatrice avrebbe indebitamente provveduto a correggere gli errori di calcolo commessi dai concorrenti nella redazione dell’offerta.

Assumeva la ricorrente che, in assenza dei profili di illegittimità denunziati, la gara, svolta secondo il criterio del prezzo più basso (da calcolarsi in ragione dei prezzi unitari offerti per tutte le lavorazioni in cui l’opera si risolveva), avrebbe condotto a individuare una diversa soglia di anomalia e ad assegnare ad essa i lavori.

In particolare si deduceva la mancata compilazione di alcuni campi, sul modello predisposto dall’Amministrazione, il quale si articolava su varie colonne: le ultime tre, da compilare a cura del partecipante, indicavano i prezzi unitari espressi in cifre per ogni lavorazione; i medesimi prezzi unitari espressi in lettere; il prodotto tra i prezzi unitari indicati per ogni singola lavorazione e la quantità richiesta. Ebbene, nell’offerta della ditta risultata poi aggiudicataria, non risultava alcuna indicazione nelle colonne citate per ben due lavorazioni.

Ciò avrebbe dovuto comportare l’esclusione della concorrente, giacché l’offerta economica risulterebbe incompleta; né sarebbe ricostruibile dal raffronto tra la somma dei prezzi indicati nelle voci debitamente compilate e il prezzo globale, come invece accade nei casi in cui l’omissione riguardi una singola lavorazione.

Il TAR Calabria con sentenza n. 338 del 7 febbraio 2018, ha rigettato il ricorso.

Secondo i giudici aditi, infatti, se è vero che l'omissione di una voce può essere tale da consentire - in sede di esame dell'offerta - la ricostruzione senza margini di opinabilità della volontà dell'offerente, mediante il raffronto fra la somma dei prezzi unitari ed il prezzo globale, non è men vero che una tale operazione matematica non può essere utile dove vi siano da ricostruire più voci, riguardo alle quali spetta soltanto all'offerente graduare quanto richiedere in relazione a ciascuna, trattandosi di valutazioni espressive di scelte tecniche ed economiche sue proprie, insurrogabili dall'ufficio. Di conseguenza, più omissioni riscontrate in sede di gara hanno carattere essenziale e irrimediabile d'ufficio, per il suo importo e per l'obiettiva incertezza che provoca in ordine all'effettivo contenuto delle voci dell'offerta presentata dall'appellante.

L’esame dell’offerta della vincitrice, però, rivelava che le due voci non compilate erano quelle relative al "sovrapprezzo" per gli scogli di seconda categoria ed al "sovrapprezzo" per gli scogli di terza categoria, di cui è stato tuttavia puntualmente indicato il prezzo unitario.

L’omessa indicazione delle due voci di costo, allora, non determina alcuna incertezza nell’identificazione dell’offerta economica della società concorrente, potendosi agevolmente e ragionevolmente inferire che essa ha escluso l’applicazione di un sovrapprezzo nella fornitura e posa in opera di scogli di seconda e terza categoria.

Correttamente, quindi, la commissione di valutazione non ha disposto l’esclusione del concorrente, ma ha piuttosto ritenuto che l’omessa indicazione della voce di prezzo equivalesse all’indicazione del prezzo unitario di € 0,00.

Nello scrutinare, poi, il secondo motivo di ricorso, che riguardava invece le correzioni che la commissione valutatrice ha apportato alle offerte di numerosi concorrenti, emendando gli errori di calcolo, il TAR ha rilevato che il seggio era autorizzato da apposita norma del disciplinare di gara, in cui si legge che “il soggetto che presiede la gara (…) provvede a verificare: la correttezza dei conteggi nelle liste presentate dai concorrenti e, correggendo, ove si riscontrano errori di calcolo, le somme, i prodotti e i ribassi. In caso di discordanza provvede alla loro correzione e su quella rettifica determina le procedure di calcolo delle soglie di anomalia”.

La previsione riportata, chiara e puntuale, non si poneva allora in contrasto con il tenore del bando secondo cui il calcolo delle medie e l’individuazione della soglia di anomalia si doveva basare sull’offerta economica dei concorrenti.

Infatti, l’Amministrazione non ha certo sostituito l’offerta formulata dai singoli concorrenti, ma si è limitata a correggere gli errori di calcolo riscontrati.

La sentenza ha escluso che la clausola del disciplinare di gara si poneva in contrasto con i principi di evidenza pubblica: al contrario, è principio consolidato quello per cui le offerte di gara, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate alla ricerca dell'effettiva volontà del dichiarante, con la conseguenza che tale attività interpretativa può consistere anche nella individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo e a condizione che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell'offerente, che non sono ammesse.