La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che "la determina a contrarre non ha una efficacia propriamente provvedimentale, non producendo effetti giuridici autonomi verso terzi. In quanto precede l'avvio della procedura di affidamento, la stessa ha, invece, natura più propriamente "endoprocedimentale" e, quindi, di regola è inidonea a costituire in capo a terzi posizioni di interesse qualificato. La sua funzione, infatti, attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell'Amministrazione nell'ambito del controllo e della gestione delle risorse finanziarie dell'ente pubblico, esaurendo gli effetti all'interno dell'Amministrazione stessa. Ciò posto, l'individuazione degli elementi essenziali del contratto e dei criteri di selezione degli operatori e delle offerte è infatti assorbita con efficacia nei confronti dei terzi, nel bando di gara" (Consiglio di Stato sez. V, 30 novembre 2021, n. 7987; T.A.R. Napoli, sez. V, 5 settembre 2018, n. 5380; T.A.R. Trentino-Alto Adige, 16 febbraio 2017 n. 53; T.A.R. Venezia, sez. III, 17 luglio 2017, n. 680).

E ancora, la delibera a contrarre, in quanto atto endoprocedimentale con il quale la stazione appaltante manifesta la propria volontà di stipulare un contratto, integra un atto amministrativo di tipo programmatico avente solo efficacia interna e, come tale, non deve essere impugnato; il bando di gara, invece, è atto di natura generale a rilevanza esterna, con il quale la stazione appaltante rende conoscibile la propria determinazione di addivenire alla conclusione del contratto, ed è dunque esso l'atto impugnabile, ricorrendone le condizioni di interesse processuale (Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 31 gennaio 2017, n. 27).

Alla regola generale secondo la quale l'esito di una procedura di gara è impugnabile solamente dall'operatore che vi abbia partecipato (la domanda di partecipazione atteggiandosi a strumento per la sussistenza della posizione qualificata e differenziata che legittima l'impugnazione) si deroga allorché l'operatore contesti in radice l'indizione della gara ovvero, all'inverso, contesti che una gara sia mancata, avendo l'Amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto, ovvero ancora impugni direttamente le clausole del bando, assumendone l'immediato carattere escludente; in tali ipotesi, infatti, la presentazione della domanda di partecipazione costituirebbe un inutile adempimento formale, privo della benché minima utilità in funzione giustiziale. Dunque a livello teorico si possono individuare alcune ipotesi in cui giò l'adozione della decidione di contrarre concretizza una lesione della sfera giuridica del privato, in guida da rendere esperibile una immediata impugnativa giurisdizionale finalizzata ad ottnerne l'annullamento; come nel caso in cui la decisione di contrarre contenga una scelta procedurale che determini una chiusura del mercato, come avviene laddove si preveda una provedura negoziata senza bando oppure un affidamento diretto.

Quindi per radicare la legittimazione ad impugnare la decisione di contrarre si ritengono sufficienti la qualifica di operatore economico e l'appartenenza al settore cui si riferisce lo stipulando cotnratto, essendo tale appartenenza e tale qualifica idonee a differenziare (sotto il profilo della legittimazione attiva) la posizione del ricorrente da quella del quisque de populo.

Nel procedimento riguardante l'aggiudicazione definitiva (nella specie: del servizio di tesoreria), allorché la Commissione di gara, pur disponendo l'aggiudicazione provvisoria a favore di uno dei concorrenti abbia peraltro deciso di demandare al Responsabile dell'Area affari generali e finanziari del Comune, in quanto organo che ha predisposto gli atti di gara, ogni decisione sui dubbi interpretativi insorti in ordine al criterio di aggiudicazione, ciò non determina l'abdicazione, da parte della Commissione medesima, dalla propria incombenza istituzionale di interpretare e di applicare i criteri di valutazione delle offerte stabiliti dalla lex specialis della gara: non sussiste alcuna abdicazione da parte della Commissione di gara in ordine alle proprie incombenze, posto che è l'Amministrazione aggiudicatrice che approva, ai sensi degli artt. 11 e 12 del d.lg. n. 163 del2009, l'operato della Commissione stessa (nella specie la Commissione aveva disposto una prima aggiudicazione provvisoria segnalando contestualmente il problema ermeneutico insorto, per poi provvedere alla nuova valutazione allorquando l'Amministrazione ha reputato di non approvare gli atti di gara disponendone il parziale rinnovo).

Tar veneto 493 - Sez. 1 — 19 febbraio 2010

L’affidamento di una concessione va effettuata, prioritariamente, utilizzando procedure competitive e che se la normativa di riferimento non contempla la possibilità di affidamento diretto questa scelta del legislatore è perfettamente legittima. Il principio giuridico enunciato in sentenza è il seguente: “non può trovare accoglimento l’argomentazione che deduce come, nella sussistenza dei presupposti previsti, l’affidamento diretto sarebbe imposto dalla disciplina in materia di procedure d’appalto e, comunque, da quella relativa all’attività contrattuale della pubblica amministrazione in tema di contratti attivi. Invero, la trattativa diretta – altrimenti detta anche procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara – quand’anche prevista, in nessun caso integra un modello procedurale imposto dalla legge essendo soltanto consentito: e ciò in coerenza con la sua natura eccezionale correlata alla rigorosa sussistenza dei presupposti espressamente previsti, proprio in ragione del fatto che tale procedura esclude del tutto l’attuazione del principio della concorrenza e della trasparenza”. Peraltro già l’art. 63 del previgente codice dei contratti prevedeva, riguardo l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, che nei casi e nelle circostanze indicati dalla norma, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti”. Tale disposizione, che dunque prevedeva la facoltà e non l’obbligo di far ricorso alla procedura di cui trattasi, è stata poi sostanzialmente riprodotta dall’art. 76 del d.lgs. n. 36 del 2023.

TRGA Trento del 15 maggio 2023, n. 71

Nel procedimento riguardante l'aggiudicazione definitiva (nella specie: del servizio di tesoreria), allorché la Commissione di gara, pur disponendo l'aggiudicazione provvisoria a favore di uno dei concorrenti abbia peraltro deciso di demandare al Responsabile dell'Area affari generali e finanziari del Comune, in quanto organo che ha predisposto gli atti di gara, ogni decisione sui dubbi interpretativi insorti in ordine al criterio di aggiudicazione, ciò non determina l'abdicazione, da parte della Commissione medesima, dalla propria incombenza istituzionale di interpretare e di applicare i criteri di valutazione delle offerte stabiliti dalla lex specialis della gara: non sussiste alcuna abdicazione da parte della Commissione di gara in ordine alle proprie incombenze, posto che è l'Amministrazione aggiudicatrice che approva, ai sensi degli artt. 11 e 12 del d.lg. n. 163 del2009, l'operato della Commissione stessa (nella specie la Commissione aveva disposto una prima aggiudicazione provvisoria segnalando contestualmente il problema ermeneutico insorto, per poi provvedere alla nuova valutazione allorquando l'Amministrazione ha reputato di non approvare gli atti di gara disponendone il parziale rinnovo).

Tar veneto 493 - Sez. 1 — 19 febbraio 2010

La commissione giudicatrice di gara indetta per l'aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione costituisce un collegio perfetto, che in quanto tale deve operare sempre con il plenum dei suoi componenti, che non può essere assicurato da un membro supplente che non sia stato previamente nominato con atto formale; pertanto, è necessario che tutti i componenti la commissione partecipino alle attività svolte sia nella fase istruttoria che in quella di valutazione tecnico-discrezionale delle offerte che, infine, nella assunzione delle scelte decisionali dell'organo tecnico che, conscguentemente, si configura come collegio perfetto (nella fattispecie il Tribunale, in applicazione del principio in esame, ha dichiarato l'illegittimità della disposta apertura dei plichi pervenuti e dell'esame della documentazione richiesta ai fini dell'ammissibilità delle offerte, effettuati dalla Commissione di gara in assenza del suo Presidente e la conseguente, radicale illegittimità delle successive attività svolte dalla commissione di gara).

In sede di svolgimento di una gara d'appalto, il mancato rispetto, da pane della commissione giudicatrice, dei principi generali sull'obbligo, per tutti i componenti della commissione (avente natura di collegio perfetto), di partecipare alle attività istruttorie e valutative di tale organo, integra una violazione di legge non scusabile e integrante, pertanto, l'elemento soggettivo della colpa dell'amministrazione, necessario per il perfezionamento in concreto della fattispecie di responsabilità civile.

In sede di illegittima esclusione da appalto, il danno all'immagine professionale dell'im­presa è risarcibile solo se vi sia la prova specifica che l'esclusione ha recato un nocumento all'immagine, alla professionalità, all'esperienza dell'impresa, ad esempio precludendo all'im­presa la partecipazione a ulteriori appalti in cui occorra dimostrare una specifica esperienza, nell'ambito della quale non si può sfoggiare l'appalto non aggiudicato, e senza tralasciare che l'annullamento giurisdizionale dell'esclusione è già di per sé una forma di ristoro in forma specifica di tale danno all'immagine.

Tar Sardegna, sez. I, 17 dicembre 2009,  n.2223