Sul punto, occorre anzitutto distinguere le due tipologie tipiche di proroga di un contratto pubblico, ossia quella “contrattuale” e quella “tecnica”. La proroga c.d. “contrattuale” è così definita poiché trova la sua fonte nella lexspecialis di gara e/o nel contratto.Trattasi, pertanto, di una circostanza negoziale già preventivata dall’Amministrazione e dall’operatore economico contraente. Al contrario, la proroga c.d. “tecnica”, ai sensi dell’art. 106, comma 11, D.Lgs. n. 50/2016, sussiste nel caso in cui la durata del contratto venga modificata dall’Amministrazione, per cause ad essa non imputabili, allo scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale, nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo contraente, la quale deve essere bandita prima dell’originaria scadenza contrattuale. La proroga tecnica, pertanto, avendo carattere di temporaneità e imprevedibilità, rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale a un altro. Tale lettura dell’istituto della proroga è stata integralmente recepita dal recente intervento del legislatore in materia di contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023. 

Normativa di riferimento

Come è infatti noto, l’art. 120 del D.Lgs. n. 36/2023 fa propria l’impostazione sopra riferita e disciplina le due fattispecie in due commi separati: il comma 10 si riferisce esclusivamente all’opzione di proroga preventivamente prevista nei documenti di gara; il successivo comma 11 disciplina invece la proroga del contratto funzionale al completamento della procedura di gara finalizzata alla scelta del nuovo appaltatore. Ne consegue che la proroga “tecnica” trova nel nuovo Codice una collocazione autonoma e sganciata dalla proroga conseguente all’esercizio dell’opzione, purché concorrano una serie di condizioni “limitative” già emerse nell’interpretazione giurisprudenziale: essa viene essenzialmente circoscritta a ipotesi eccezionali, in cui sussistano oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di gara; deve avere una durata commisurata al tempo strettamente necessario per giungere a tale conclusione; deve essere giustificata alla luce del fatto che l’interruzione delle prestazioni potrebbe determinare situazioni di pericolo per persone, animali o cose o per l’igiene pubblica o ancora un grave danno dell’interesse pubblico. In particolare, sempre in relazione ai due tipi di proroga sopra ricordati, deve essere distinta la proroga tecnica dal rinnovo del contratto pubblico.

Giurisprudenza di riferimento

Sul punto è ampiamente sufficiente richiamare i costanti e consolidati orientamenti giurisprudenziali, secondo i quali la distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando agli effetti dell’atto: mentre la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867). Come chiarito dalla costante giurisprudenza che si è occupata del tema, si verte in ipotesi di proroga contrattuale allorquando vi sia una integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario; mentre ricorre l’ipotesi di rinnovo, quando interviene una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti che si conclude con una modifica delle precedenti condizioni (ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 5059 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, n. 3478 del 2019;Cons. Stato, sez. VI, n. 8219 del 2019; Cons. Stato, sez. V, n. 3874 del 2020). Il rinnovo, dunque, in disparte il dato non determinante del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario. In assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto (Cons. Stato, sez. V, 3874 del 2020, Cons. Stato, sez. III, 24.3.2022, n. 2157).

Conclusione

E’ stato, infatti, precisato che: “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16.02.2023 n. 1635)”.

TAR Puglia 23.10.2023 n. 1243

 di Carmen Iuvone in Scienza dell'Amministrazione scolastica n.4/2023

La partecipazione alle gare di appalto implica la tacita accettazione delle regole di trasparenza, imparzialità e par condicio che naturaliter valgono a conformarne l'iter; la decisione di partecipare, indi, implica in nuce e ab initio la volontà di consentire il pieno disvelamento della domanda di partecipazione, delle caratteristiche della offerta formulata e financo di quelli che, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, costituiscono segreti tecnici o commerciali (in quest'ultimo caso, beninteso, allorquando ciò si renda necessario per l'esperimento di un'azione giurisdizionale avverso gli atti della procedura, a mente del citato art. 53, comma 5, lett. a), e comma 6 del d.lgs. n. 50/2016) (Tar Napoli, sentenza n. 4019/2020).

È ravvisabile un interesse concreto e attuale, suscettibile di favorevole apprezzamento giuridico, all'accesso agli atti relativi alla fase esecutiva del contratto di appalto, con vicende che potrebbero condurre a risoluzione dello stesso per inadempimento e riedizione della gara, purché l'istanza di accesso non si traduca in una generica volontà di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale (Tar Roma, sentenza n. 7125/2021).

Non rilevano, ai fini del riconoscimento o meno dell'accesso agli atti della procedura di gara, ivi comprese le domande di partecipazione degli altri operatori controinteressati, la posizione in graduatoria del richiedente l'accesso o le sue più o meno cospicue chances di vittoriosamente esperire i rimedi giurisdizionali (Tar Napoli, sentenza n. 2210/2021). 

Sussiste un preciso onere in capo all'interessato di dimostrare l'effettiva sussistenza di un segreto industriale e commerciale da salvaguardare, che si affianca all'onere della pubblica amministrazione (stazione appaltante) di valutare in modo motivato le argomentazioni presentate, al fine di verificare l'effettiva operatività del regime di segretezza da opporre al richiedente l'accesso agli atti della gara. Del resto, la decisione di partecipare, alla gara implica in nuce e ab initio la volontà di consentire il pieno disvelamento della domanda di partecipazione, delle caratteristiche dell'offerta formulata e financo di quelli che, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, costituiscono segreti tecnici o commerciali. (Tar Napoli, sentenza n. 2971/2021).

La disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all'art. 53, d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all'esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l'eccezione del comma 3 dell'art. 5-bis, d.lg. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l'art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall'accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative di cui all'art. 5-bis, commi 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2021, n.3162).

È ravvisabile, in capo agli operatori del settore, un interesse concreto e attuale nonché una conseguente legittimazione, ad esercitare il rimedio dell'accesso civico agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell'aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara; ciò, fermi restando i limiti generali in materia: lo scrutinio, sull'istanza, di necessità e proporzionalità orientato dalla massimizzazione della tutela della riservatezza e della segretezza, in danno della trasparenza, la valutazione in merito alla ricorrenza, in concreto, di esigenze difensive prospettate dall'istante, la pertinenza dei documenti richiesti rispetto alle esigenze stesse, la verifica che tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale (Tar Cagliari, sentenza n. 254/2021);

L'Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all'impresa interessata di accedere agli atti di una procedura pubblica, pertanto qualora l'Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l'accesso o impedisca con comportamenti l'immediata conoscenza degli atti di gara e dei relativi allegati, il termine per l'impugnazione degli atti comincia a decorrere solo dal momento in cui l'interessato li abbia conosciuti (Consiglio di Stato, sez. III, 16 febbraio 2021, n. 1428).

Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza del 7.1.2021 ha affermato che "secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, nelle gare pubbliche, quanto alla valutazione delle offerte, il punteggio numerico espresso sui singoli elementi di valutazione costituisce adeguata e sufficiente motivazione quando l’apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina di gara è sufficientemente chiaro, analitico ed articolato, come nel caso di specie, sì da delimitare ragionevolmente il giudizio della commissione nell’ambito di un minimo ed un massimo e da rendere così altrettanto ragionevolmente comprensibile l’iter logico che ha condotto la commissione e i singoli commissari all’attribuzione dei punteggi ai singoli elementi di valutazione. Solo in difetto di tali condizioni si rende necessaria una motivazione dei punteggi numerici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5308; 3 aprile 2018, n. 2051).

Inoltre è stato affermato che “la scelta operata dall'Amministrazione appaltante, in una procedura di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compreso il peso da attribuire a tali singoli elementi, specificamente indicati nella lex specialis, e ivi compresa anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell'ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l'interesse pubblico, e come tale è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta” (Cons. Stato, sez.V, 14 novembre 2017, n. 5245)."

Sulla base dei suesposti principi il Consiglio di Stato ha affermato che nella " fattispecie in esame dalla lettura degli atti di gara risulta che la mancanza di sub criteri di valutazione non ha affatto inficiato la validità dei giudizi espressi dalla commissione, atteso che proprio dagli elementi e profili di valutazione, sufficientemente chiari, univoci e dettagliati (sopra indicati) e dal punteggio numerico attribuito in relazione agli stessi, si ricava con sufficiente chiarezza la non irragionevole o illogica valutazione e conseguente motivazione dei punteggi attribuiti alle offerte.  

Il Codice dei contratti pubblici prevede che, nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico da realizzare mediante un contratto le stazioni appaltanti e gli enti concedenti nominano nell’interesse proprio o di altre amministrazioni un responsabile unico del progetto (RUP) per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento e per l’esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice. La “novità” rispetto alla precedente disciplina di cui all’art. 32 D.lgs. n. 50/2016 concerne la sequenza procedimentale afferente all’affidamento dell’appalto, essendo scomparso dall’ordito normativo il “doppio” passaggio dell’aggiudicazione non efficace e la successiva (post verifica positiva sul possesso dei requisiti) dell’aggiudicazione efficace.

L'art. 15 comma 4 d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che, fermo restando l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP. Si ridisegna la portata e la figura del RUP, che è un responsabile “di progetto” (o di “intervento”) e non di “procedimento” (definizione forse viziata dal riferimento alla legge n. 241 del 1990, che non appare pienamente conferente).

Si tratta, infatti, del Responsabiledi una serie di “fasi” preordinate alla realizzazione di un “progetto”, o un “intervento pubblico”, fasi per il cuiespletamento si può prevedere, come in precedenza ricordato, la nomina di un “responsabile di fase”, a sostegno dell’attività. Tale opzione presenta il vantaggio di evitare un'eccessiva concentrazione in capo al RUP di compiti e responsabilità direttamente operative, spesso di difficile gestione nella pratica. In caso di nomina dei responsabili di fase, infatti, rimangono in capo al RUP gli obblighi – e le connesse responsabilità – di supervisione, coordinamento, indirizzo e controllo, mentre sono ripartiti in capo ai primi i compiti e le responsabilità delle singole fasi a cui sono preposti. Si introduce, quindi, un principio di “responsabilità per fasi”.

Nella procedura in esame, come si è detto, la Stazione appaltante ha espressamente ritenuto di dover applicare le nuove regole dettate per gli appalti ordinari (art. 17 comma 5 D.lgs. n. 36/2023). Quest’ultima disposizione, al primo periodo, D.lgs. n. 36/2023 precisa che “l’organo preposto alla valutazione delle offerte” (nel caso del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la commissione di gara o nel caso del criterio del maggior ribasso il RUP o il Responsabile di fase, come qui avvenuto, sui verbali predisposti dal seggio di gara) “predispone la proposta di aggiudicazione alla migliore offerta non anomala”.

L'art. 17 comma 5 secondo periodo d.lgs. n. 36/2023 laddove prevede che “L’organo competente a disporre l’aggiudicazione esamina la proposta, e, se la ritiene legittima e conforme all’interesse pubblico, dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all’offerente, dispone l’aggiudicazione, che è immediatamente efficace”, si riferisce al RUP con poteri a valenza esterna, ma può anche ipotizzarsi un procedimento che si sviluppa fisiologicamente con una proposta di determinazione di aggiudicazione (o atto equivalente) predisposta dal Responsabile di fase per il proprio dirigente/responsabile del servizio, unico organo in questo caso abilitato a manifestare all’esterno la volontà dell’Ente (si veda anche all.I.2 al D.lgs. n. 36/2023).

Tar Calabria, sentenza 26 .10.2023, n. 782

di Carmen Iuvone in Scienza dell'Amministrazione scolastica n.4 2023