15 novembre 2025: è questa la data di scadenza del termine per la presentazione delle domande. Si possono ottenere 150 ore di permesso individuale, per l’anno solare 2026, da utilizzare per la frequenza di corsi di studio. La storica previsione normativa, contenuta nell’ art. 3 del Dpr 23 agosto 1988, n. 395, viene disapplicata a favore dell’art. 37 del Ccnl 2019-2021 sottoscritto il 18 gennaio 2024. Il Ccnl/scuola vede, così, concretizzare la sua prima applicazione concernente i permessi retribuiti per il diritto allo studio. Seppur lievi siano le differenze tra l’una e l’altra disciplina, va comunque sottolineata l’importanza della dignità negoziale acquisita da un istituto fondamentale nell’ambito della formazione. Peraltro, resta confermata la competenza della contrattazione integrativa regionale in merito ai criteri per la fruizione dei permessi (art. 30, comma 4, lett. b4) del Ccnl). Ai Contratti Collettivi Integrativi Regionali (CCIR) spetta, infatti, definire le tipologie dei corsi, la ripartizione delle ore tra frequenza/esami e l’ordine di priorità in base al quale vengono graduate le domande, regolando altresì le quote massime assegnabili in relazione alle tipologie stesse per consentire di soddisfare il maggior numero di richieste. Così recita l’art 37 del Ccnl in vigore:
Diritto allo studio
1.Ai dipendenti sono riconosciuti – in aggiunta alle attività formative programmate dall’amministrazione - permessi retribuiti, nella misura massima di centocinquanta ore annue individuali per ciascun anno solare e nel limite massimo del 3% del totale delle unità di personale in servizio all’inizio di ogni anno, con arrotondamento all’unità superiore. Il MIM provvede a ripartire il contingente di cui al presente comma tra le varie regioni.
2.I permessi di cui al comma 1 sono concessi per la frequenza di corsi finalizzati al conseguimento di titoli di studio in corsi universitari, postuniversitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall'ordinamento pubblico e per sostenere i relativi tirocini e/o esami.
3.In sede di contrattazione collettiva integrativa di cui all’art. 30, comma 4, lett. b4) (Livelli, soggetti e materie di relazioni sindacali) sono definiti i criteri di priorità per la concessione dei permessi qualora il numero delle richieste superi il limite massimo del 3% di cui al comma 1, fermo restando che, in ogni caso, la precedenza è accordata, nell’ordine, ai dipendenti che frequentino corsi di studio della scuola media superiore, universitari o post-universitari.
4.Il personale interessato ai corsi di cui al comma 1 ha diritto, salvo eccezionali ed inderogabili esigenze di servizio, a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non è obbligato a prestazioni di lavoro straordinario o durante i giorni festivi e di riposo settimanale.
5.Il personale che fruisce dei permessi per diritto allo studio di cui al comma 1 è tenuto a presentare alla propria amministrazione idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa senza assegni per motivi personali con relativo recupero delle somme indebitamente corrisposte.
6.I criteri per la fruizione dei permessi per il diritto allo studio, sono definiti nell’ambito della contrattazione collettiva integrativa a livello regionale di cui all’art. 30, comma 4, lett. b4).
7.Il presente articolo abroga l’art. 146, comma 1) lett. g) punto 1 del CCNL 29/11/2007 e disapplica l’art. 3 del D.P.R. n. 395 del 1988.
Le parti in neretto costituiscono novità rispetto alla precedente disciplina dell’art. 3 del Dpr 395/1988, il quale, in maniera ridondante, prevedeva il seguente comma 5 non più richiamato: “Il conseguimento di un significativo accrescimento della professionalità del singolo dipendente, documentato dal titolo di studio o da attestati professionali conseguiti, costituirà titolo di servizio da valutare secondo le norme degli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza.”.
Occorre, in sintesi, ricordare che col Dpr 23 agosto 1988 vennero recepiti e trasformati in norma gli accordi fra Governo e Sindacati per la disciplina del rapporto di lavoro relativo al triennio 1988/90. La prima circolare che esaminò le previsioni del decreto fu quella del ministero della Funzione pubblica, n. 31787 del 5 aprile 1989, dove si evidenziava la necessità della crescita professionale del dipendente anche nell’interesse dell’amministrazione; tuttavia l’esigenza di assicurare il regolare svolgimento dei servizi imponeva di contenere il numero dei dipendenti ammessi a fruire dei permessi nella misura massima del 3% dei lavoratori in organico e di adottare alcune modalità procedurali circa la selezione del personale beneficiario. In ogni caso, vi era l’obbligo a carico dei fruitori dei permessi di presentare idonea certificazione a giustificazione dell’iscrizione e della frequenza dei corsi nonché degli esami finali sostenuti. La predetta circolare demandava alle singole amministrazioni la definizione delle modalità da seguire al proprio interno. Per il personale della scuola, si incaricò la circolare ministeriale n. 319/1991 di disciplinare in modo specifico la materia. È stato successivamente confermato il carattere permanente della circolare citata. Oggi, in linea di principio, contrattazioni e disposizioni amministrative definiscono nel dettaglio gli adempimenti cui devono attenersi le amministrazioni e i lavoratori.
Di Angelo Muratore, Continua sulla rivista Aministrare la scuola del mese di Novembre 2025