La diffusione dell’intelligenza artificiale (IA) nella scuola italiana sta imponendo una svolta epocale nella gestione delle tecnologie educative. Non è più questione di “se” ma di “come” utilizzarla. Da strumento di supporto marginale, l’IA è ormai diventata una presenza strutturale nella didattica, nella valutazione e nella gestione dei dati scolastici.
Proprio per questo motivo, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha previsto che ogni istituzione scolastica che intenda impiegare sistemi di IA debba dotarsi di un FRIA, acronimo di Framework Responsabile per l’Intelligenza Artificiale. Si tratta di un documento tecnico-normativo che serve a regolare l’uso delle applicazioni intelligenti in ambito educativo, garantendo sicurezza, trasparenza e rispetto della privacy.
Il FRIA non è un mero adempimento burocratico, ma un vero e proprio strumento di governance etica e giuridica. Esso entra in gioco ogni volta che la scuola utilizza tecnologie di IA in modo non banale, ossia per attività che incidono su dati personali, processi decisionali o valutazioni automatizzate.
L’obbligo riguarda, ad esempio, le piattaforme di apprendimento adattivo che analizzano i risultati degli studenti per suggerire percorsi personalizzati, i software che generano testi o correzioni automatiche, o ancora i sistemi di monitoraggio che raccolgono dati sull’attenzione, la partecipazione o le performance.
Il FRIA deve specificare:
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quali strumenti di IA vengono utilizzati e con quali finalità;
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chi ne è responsabile e chi ne supervisiona il funzionamento;
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quali dati vengono raccolti, dove sono conservati e per quanto tempo;
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come vengono informate le famiglie e tutelata la libertà educativa degli alunni.
Si tratta di un documento di accountability, cioè di responsabilità pubblica, che vincola la scuola a un uso consapevole della tecnologia e a un controllo costante sui suoi effetti.
Il FRIA rappresenta un passaggio culturale fondamentale: segna il punto in cui la scuola italiana smette di vedere la tecnologia come un accessorio e inizia a considerarla come una dimensione strutturale dell’ambiente di apprendimento.
Non basta adottare strumenti digitali: occorre saperli governare. Questo implica competenze nuove per dirigenti scolastici, docenti e personale tecnico-amministrativo.
Per redigere un FRIA efficace, le scuole devono dotarsi di una cabina di regia interna che includa almeno tre figure:
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un referente per la transizione digitale (RTD),
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un referente per la protezione dei dati (DPO),
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un gruppo di docenti con competenze digitali e pedagogiche.
Il documento, inoltre, deve essere condiviso con le famiglie e pubblicato in modo trasparente sul sito dell’istituto. Solo la trasparenza consente di mantenere la fiducia tra scuola e cittadini, in un’epoca in cui l’uso dei dati è diventato un tema politico e sociale prima ancora che tecnico.
Dal punto di vista pedagogico, l’uso dell’intelligenza artificiale può rappresentare una straordinaria opportunità se guidato da una visione umanistica dell’educazione.
L’IA può supportare la personalizzazione dell’apprendimento, adattando i percorsi ai ritmi e agli stili cognitivi degli studenti; può aiutare a individuare difficoltà precoci, suggerire strategie di recupero o facilitare la comunicazione inclusiva.
Ma senza una guida educativa consapevole, il rischio è la delega tecnologica: l’idea che sia la macchina, e non il docente, a “decidere” che cosa e come insegnare.
Per questo il FRIA non serve solo a garantire legalità, ma anche a preservare la centralità del giudizio umano. La scuola non può diventare un laboratorio di algoritmi, ma deve rimanere un luogo di formazione del pensiero critico. L’IA può assistere, non sostituire, l’atto educativo.
Un nodo cruciale è quello della protezione dei dati personali. Gli algoritmi apprendono elaborando enormi quantità di informazioni — spesso sensibili — sugli studenti: rendimento, comportamenti, perfino espressioni facciali o toni di voce.
Senza regole chiare, questi dati potrebbero essere usati in modo improprio o discriminatorio. Il FRIA obbliga le scuole a indicare con precisione chi gestisce i dati, su quali server vengono archiviati e con quali misure di sicurezza.
Un altro pilastro è la formazione dei docenti. L’IA non può essere introdotta senza che gli insegnanti comprendano come funziona, quali bias può generare e come usarla in modo didatticamente significativo. Serve un aggiornamento continuo che unisca competenze tecniche e riflessione etico-pedagogica.
Solo un docente “alfabetizzato all’IA” potrà trasmettere agli studenti la capacità di distinguere tra uso e abuso della tecnologia.
L’introduzione dell’IA a scuola richiede anche una nuova etica della trasparenza. Ogni sistema intelligente dovrebbe essere spiegabile: gli studenti e le famiglie devono poter capire su quali basi una piattaforma propone un voto, un suggerimento o una correzione.
Il principio di “spiegabilità” è già presente nel Regolamento europeo sull’IA (AI Act), che entrerà in vigore progressivamente nei prossimi anni e che considera l’educazione uno dei settori sensibili.
Il FRIA, quindi, anticipa una responsabilità che presto sarà obbligatoria: quella di documentare e motivare le decisioni algoritmiche che incidono sull’apprendimento.
Nonostante i timori, l’IA rappresenta anche una nuova forma di alfabetizzazione: saperla usare, comprenderne i limiti, valutarne i risultati, riconoscerne gli errori.
Le scuole che sapranno integrarla in modo critico potranno offrire ai propri studenti un vantaggio reale: non solo conoscenze tecniche, ma consapevolezza civica e culturale.
L’obiettivo non è “insegnare l’IA”, ma educare con e sull’IA, cioè farne uno strumento di cittadinanza digitale, di partecipazione e di responsabilità etica.
Il FRIA segna un confine importante nella storia della scuola italiana: da un lato la spinta all’innovazione, dall’altro la consapevolezza che ogni innovazione educativa deve essere guidata da criteri di responsabilità, equità e trasparenza.
Introdurre l’intelligenza artificiale in classe senza un quadro normativo condiviso significherebbe trasformare la scuola in un campo di sperimentazione incontrollato.
Dotarsi del FRIA, invece, significa scegliere un modello di governance intelligente, che non teme la tecnologia ma la umanizza, rimettendo al centro la persona — studente o docente che sia — come misura di ogni progresso.