Il tema del cambio di indirizzo nelle scuole superiori sta vivendo una fase di profonda trasformazione. Due recenti novità – la sentenza del Consiglio di Stato n. 3250/2024 e il decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri – hanno ridefinito le modalità con cui gli studenti possono riorientare il proprio percorso di studi, introducendo maggiore flessibilità e valorizzando l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Con la sentenza 3250/2024, il Consiglio di Stato ha annullato la parte del Decreto Ministeriale n. 5/2021 che imponeva in maniera automatica l’obbligo di sostenere esami integrativi per chi volesse cambiare indirizzo di studio. Tale obbligo, infatti, si basava su una norma ormai abrogata (art. 192 del D. Lgs. 297/1994) e non poteva essere reintrodotto con un semplice atto ministeriale.

La Corte ha evidenziato come una barriera burocratica rigida ostacolasse il diritto allo studio e non tenesse conto dell’evoluzione delle attitudini personali degli studenti. L’effetto pratico della pronuncia è il passaggio da una logica di vincolo generalizzato a un approccio più flessibile: non un esame imposto “a tappeto”, ma valutazioni mirate, percorsi di recupero personalizzati e un maggior ruolo delle scuole nel gestire i passaggi tra indirizzi. 

Parallelamente, il decreto-legge approvato nel 2024 ha introdotto una disciplina organica per il cambio di indirizzo, con l’obiettivo di prevenire la dispersione scolastica e sostenere il successo formativo. Non a caso, studi recenti stimano che circa il 30% dei diplomati cambierebbe scuola o percorso se ne avesse la possibilità.

Il decreto distingue due fasi:

  • Primo biennio: il trasferimento non richiede esami. La scuola ricevente, sulla base delle competenze già acquisite, accompagna lo studente con interventi didattici mirati per favorire l’inserimento.

  • Dal terzo anno in poi: vista la crescente specializzazione, il passaggio prevede un esame integrativo, da svolgersi in un’unica sessione prima dell’avvio delle lezioni. Le modalità verranno definite da un’ordinanza ministeriale, per garantire trasparenza e uniformità a livello nazionale.

Le due novità – giurisprudenziale e normativa – convergono verso un modello in cui le scuole assumono un ruolo decisivo: valutano i crediti formativi già maturati, individuano eventuali lacune e costruiscono percorsi personalizzati. Non più dunque un ostacolo standardizzato, ma un processo di accompagnamento che valorizza le scelte individuali.

Questo orientamento si inserisce nella più ampia strategia del Ministero dell’Istruzione, che ha posto al centro l’orientamento, la personalizzazione della didattica e il supporto con tutor e docenti orientatori.

In definitiva, il cambio di scuola o di indirizzo non è più visto come un fallimento, ma come una possibilità concreta di riallineare gli studi alle inclinazioni e ai talenti degli studenti. Un passo avanti verso un sistema educativo più dinamico, inclusivo e rispettoso delle esigenze di chi lo vive ogni giorno.