Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere:

a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio ''illeciti o anche leciti se considerati singolarmente” che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;

b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;

c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psicofisica e/o nella propria dignità;

d) l'elemento soggettivo, cioè intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi; laddove l'elemento qualificante va ricercato non nella legittimità o illegittimità dei singoli atti, bensì nell'intento persecutorio che li unifica, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria.

Corte appello Bari, sez. lav., 22 marzo 2021, n. 126: