Per la Cassazione, lo svolgimento di attività lavorativa del dipendente durante l'assenza per ma­lattia non è di per se illegittima, gravando sul lavora­tore assente per malattia l'onere di dimostrare la compatibilità del lavoro svolto presso terzi con l'infer­mità e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psicofisiche.

La sentenza impugnata si è conformata all'orienta­mento prevalente, per cui l'assenza di illiceità di un fatto materiale pur sussistente, deve essere ricondotto all’ipotesi dell'insussistenza del fatto contestato che prevede come sanzione la reintegra nel posto di lavo­ro. In conclusione, per la Suprema Corte la sentenza impugnata ha accuratamente valutato il fatto in esa­me alla luce dei predetti principi, avendo accertato ed evidenziato che il fatto contestato non solo era circoscritto a due sole ore della sera dell'ultimo giorno di malattia ma risultava anche compatibile con la ma­lattia e non aveva comportato alcun aggravamento della patologia né alcun ritardo nella ripresa

Corte di Cassazione Sez. Lav. 7 febbraio 2019, n. 3655