La commissione di concorso in sede di abbinamento fra gli elaborati ed i nominativi dei candidati ha rilevato che la busta contenente le generalità anagrafiche del candidato era aperta ed aveva ancora applicata la linguetta protettiva della parte preincollata. Di conseguenza la commissione ha stabilito di annullare integralmente le prove svolte dal candidato, ritenendo violata la regola dell’anonimato.
Da qui il ricorso al TAR, il quale si è dovuto quindi occupare del principio dell’anonimato nei concorsi pubblici con particolare riferimento a questa specifica (e peculiare) fattispecie.
Il Tar Marche, con sentenza del 28 febbraio 2018, considerato il sistema delle buste che nel caso specifico era stato previsto (la busta grande, nella quale devono essere inserite le prove senza apposizione di nomi o contrassegni, e la busta piccola, che contiene la indicazione del nome, cognome, data di nascita e residenza su apposito cartoncino, da inserire nella busta grande) ha stabilito che nelle procedure concorsuali la regola sopra citata non può essere intesa in modo tanto tassativo ed assoluto da comportate la invalidità delle prove ogni volta che sussista una astratta possibilità di riconoscimento, giacché non si potrebbe mai escludere a priori che un commissario sia in condizioni di riconoscere una particolare modalità di stesura.
Sulla base di tale principio, si è richiamato quell’orientamento in base al quale, al fine di affermare la riconoscibilità e quindi la invalidità della prova scritta, è necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco la intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il suo elaborato.
Pertanto, anche se la chiusura della busta piccola è attività spettante al candidato, unitamente all’introduzione dei fogli, non può farsi ricadere sugli stessi candidati il rischio consistente nella scollatura delle buste, non derivante, verosimilmente, dalla volontà, né tantomeno dalla intenzionalità degli stessi, che semmai, secondo il TAR Marche, hanno interesse e volontà contrari, al fine di salvaguardare la integrità delle loro prove.
La norma in materia (che nello specifico disciplinava il concorso era l'art. 23 del R.D. n. 37 del 1934) fa riferimento al fatto che il candidato “si sia fatto riconoscere”, sicché la sanzione della esclusione sembra ricondursi ad una precisa volontà, e non può essere giustificata dalla mera accidentalità o dal caso fortuito.
I giudici marchigiani si sono voluti far carico anche di quell’orientamento che ritiene nulla la prova scritta nel caso di trasparenza delle buste (trasparenza che consentirebbe l’individuazione del candidato), anche in mancanza della prova certa che tale individuazione sia avvenuta in concreto da parte della commissione aggiudicatrice, non ritenendolo attinente al caso di specie in quanto, in quella ipotesi, l’annullamento, pur se non dipendente dal comportamento del candidato, riguarderebbe l’ intera procedura, che verrebbe quindi ripetuta, con rispetto della par condicio.