La materia del congedo parentale è attualmente disciplinata dall’art.32 del T.U. n.151/2001 e dalle successive modiche che sono state apportate dapprima dal d.lgs. n.80/2015, e da ultimo dal D.lgs n. 105/2022 e dalla legge n. 197/2022 legge di bilancio 2023.

La nuova gestione dei congedi di maternità e paternità si presenta abbastanza complicata per gli uffici, i quali devono verificare, per i dodici anni dalla nascita del figlio/a, il diritto del genitore ogni volta che ne farà richiesta, tenendo conto sia di quanto congedo dallo stesso è stato usufruito nei periodi precedenti (e se la prestazione si è svolta presso un altro datore di lavoro sarà necessario esibire una specifica attestazione), sia dei periodi utilizzati dall’altro genitore. Ancora più complessa è l’operazione di verifica rispetto al trattamento economico da corrispondere ai genitori. I limiti massimi di fruizione del congedo pa­rentale individuali e di entrambi i genitori, natu­rali o adottivi e affidatari previsti dall’articolo 32 del T.U. sono i seguenti:

A) Congedo parentale dalla madre

La madre si può assentare per un periodo continuativo o frazionato della durata massima di sei mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.

B) Congedo parentale del padre

Il padre si può assentare per un periodo continuativo o frazionato della durata massima di 6 mesi di congedo parentale (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Pertanto, al padre qualora chieda di usufruire di un periodo di astensione anche non continua­tiva non inferiore a tre mesi gli può essere con­cesso un mese in più “extra” per seguire il figlio; così il suo limite personale di astensione dal la­voro viene elevato a sette mesi. Il padre può richiedere il congedo parentale:

  • fin dalla nascita del bambino, cioè durante i mesi di astensione post partum della madre;

  • anche in coincidenza con la fruizione dei periodi di allattamento della madre;

  • anche contemporaneamente alla madre.

C) Congedo parentale fruito da entrambi i genitori

Qualora il congedo venga fruito da entrambi i genitori la durata massima complessiva è di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un perio­do intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Pertanto, il limite massimo degli 11 mesi potrebbe essere distribuito ad esempio: 6 mesi la madre e 5 mesi il padre; oppure 5 mesi la madre e 6 mesi il padre; oppure 4 mesi la madre e 7 mesi il padre.

I periodi di congedo parentale si riparti­scono tra madre e padre secondo le necessità del singolo caso, fermo restando che la madre non può assentarsi per più di sei mesi, il padre può assentarsi per sette mesi solo se la madre non ha superato i quattro mesi, poiché il totale complessivo tra i due genitori non può supe­rare 11 mesi.

Il genitore ha diritto al congedo anche se il figlio non è convivente. La madre non può utilizzare i quattro mesi di congedo parentale del padre, anche in caso di rinuncia di questi. La legge ha attribuito un diritto originario al congedo per la madre e il padre. Questo significa che i mesi di congedo parentale residui possono essere goduti solo dal padre e non sono trasmis­sibili alla madre, che continua a poter godere al massimo di sei mesi. La precedente normativa consentiva alla ma­dre di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione obbligatoria, per un periodo di sei mesi entro il primo anno di vita del bambino e, in alternativa, alla madre tale facoltà era stata estesa anche al padre lavoratore, a condizione che entrambi fossero lavoratori dipendenti.

La legge ora consente invece ai due genitori di chiedere anche contemporaneamente il con­gedo. Non solo, ma è anche possibile che il padre utilizzi il congedo e la madre i riposi per allatta­mento, l’inverso non è previsto. L’INPS con la circolare n.8 del 17/1/2003 ha chiarito che la madre può fruire del congedo parentale per un figlio, anche durante l’8° mese di gravidanza qualora abbia richiesto e ottenu­to l’autorizzazione al prolungamento dell’attività lavorativa. Si tratta quindi di un diritto il cui esercizio è rimesso alla facoltà dell’interessata. Nel caso in cui la stessa intenda avvalersene può stabilire autonomamente il periodo e la misura della fru­izione del diritto in parola.

D) Congedo parentale fruito dal genitore da solo

Qualora vi sia un solo genitore, il congedo facoltativo spetta per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi. Di questi undici, nove mesi sono indennizza­bili al 30% della retribuzione, i restanti due mesi non sono indennizzabili, salvo il caso in cui il “genitore solo” abbia un reddito inferiore alla so­glia prevista nell’articolo 34, comma 3, del D.lgs n. 151/2001. Le disposizioni prevedono che, nel caso in cui sia stato disposto, ai sensi dell’articolo 337-qua­ter del c.c., l’affidamento esclusivo del figlio a un solo genitore, a quest’ultimo spetta in via esclu­siva anche la fruizione del congedo indennizzato riconosciuto complessivamente alla coppia geni­toriale. Pertanto, ai fini della fruizione del congedo parentale, lo status di “genitore solo” sussiste:

  • in caso di morte o grave infermità dell’altro genitore;

  • in caso di abbandono o mancato riconosci­mento del minore da parte dell’altro genitore;

  • in tutti i casi di affidamento esclusivo del minore a un solo genitore, compreso l’affida­mento esclusivo disposto ai sensi dell’articolo 337-quater del c.c.

È possibile che il genitore resti solo dopo un periodo di assenza facoltativa già iniziato. In tal caso nel calcolo dei dieci mesi si cumulano tutti i periodi fruiti in precedenza dalla madre e dal padre. La situazione di genitore “solo” può verificar­si, oltre che nei casi già contemplati dalla norma­tiva di cui all’art. 32 del T.U. n.151/2001 (morte dell’altro genitore, abbandono del figlio, affida­mento esclusivo del figlio ad un solo genitore), anche nel caso di non riconoscimento del figlio da parte di un genitore. Pertanto, quando ricorre l’ipotesi di non ri­conoscimento del figlio da parte del padre, la madre, nel richiedere il maggiore periodo di congedo parentale, dovrà rilasciare apposita dichiarazione di responsabilità (anche se dalla certificazione anagrafica risulta che il cognome del bambino è quello della madre). Analoga di­chiarazione deve fare il padre nel richiedere l’ul­teriore periodo di congedo nel caso di mancato riconoscimento del figlio da parte della madre. L’INPS precisa, però, che la situazione di “ra­gazza madre” o di “genitore single” non è da sola sufficiente a realizzare la condizione di “genitore solo”; è necessario, infatti, anche il non ricono­scimento dell’altro genitore. Cosa che deve av­venire anche nel caso di genitore separato (nella sentenza di separazione deve risultare che il fi­glio è affidato a uno solo dei genitori).

La situazione di “genitore solo” cessa a seguito del riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore. Gli ulteriori mesi riconosciuti al “genitore solo” per effetto del mancato riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore (la madre da 6 passa a 10, il padre da 7 passa a 11) sono inden­nizzabili, in misura del 30%, solo in relazione alle condizioni del proprio reddito. L’INPS con il Messaggio 20 settembre 2007, n. 22911 ha precisato che il riconoscimento del­lo status di “genitore solo” può riguarda anche il caso di grave infermità dell’altro genitore. Difat­ti, l’INPS ha precisato che, pur essendo il figlio sotto la potestà di entrambi i genitori, nei casi in cui vi sia, di fatto, uno solo in grado di pren­dersene effettivamente cura, è opportuno rico­noscere al genitore avente diritto la condizione di genitore “solo” anche nel caso in cui l’altro sia colpito da grave infermità, trattandosi di situa­zione che, sebbene anche solo temporanea, può di fatto impedire al genitore gravemente infermo di prendersi cura della prole. Si ricorda, in pro­posito, che la grave infermità della madre rientra tra le ipotesi contemplate dall’art. 28 del T.U., in presenza delle quali il padre ha diritto a fruire del congedo di paternità.

Pertanto, l’altro genitore può fruire del mag­gior periodo di congedo parentale entro il limite massimo complessivamente riconosciuto ad en­trambi i genitori pari a 10 mesi (o 11 mesi nel caso di padre “genitore solo” che abbia già frui­to di un periodo di congedo non inferiore a tre mesi), fino al compimento degli 8 anni di età del bambino.