Il Consiglio di Stato con la sentenza della Sez. VI del 5.4.2019 ha affermato che, nell’ambito del procedimento amministrativo, l’induzione in errore dell’Amministrazione a causa dell’esibizione di documenti attestanti fatti non corrispondenti a verità o di dichiarazioni sostitutive false circa l’esistenza delle circostanze di cui il documento è destinato a provare la sussistenza, operi sul piano meramente oggettivo, sicché è irrilevante la ricorrenza dell’elemento soggettivo in capo al privato. La pretesa buona fede dell’interessato non fa quindi venire meno che l’Amministrazione abbia agito in virtù di una falsa rappresentazione di un fatto presupposto per l’adozione del provvedimento, successivamente rilevatosi non legittimo, con la conseguenza che l’errore in cui è incorsa appare sufficiente di per sé affinché essa possa rimuoverlo in via di autotutela, senza che sia necessaria alcuna indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al soggetto presentatore del documento o della dichiarazione.