Il Ministero dell’Istruzione è responsabile per i danni subiti dagli studenti minorenni vittime di abusi sessuali da parte di un docente, anche se le sue azioni sono gravemente illecite e in contrasto con i fini istituzionali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione civile, terza sezione, con l’ordinanza n. 11614 del 3 maggio 2025, confermando che lo Stato è chiamato a rispondere per le condotte illecite dei propri dipendenti qualora esista un nesso di “occasionalità necessaria” tra il ruolo esercitato e il danno provocato.
Condotta aberrante ma legata al ruolo
Secondo la Corte, l’insegnante ha abusato della sua posizione di autorità all’interno della scuola, instaurando con le vittime una relazione di fiducia, sorveglianza e cura che ha poi strumentalizzato per compiere gli abusi. Anche se il comportamento è del tutto deviato rispetto alla missione educativa, è avvenuto nel contesto delle attività scolastiche, come le lezioni e una gita didattica, e si è reso possibile proprio grazie al ruolo ricoperto dal docente.
Ministero condannato: risarcimento reintegrato
La Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero dell’Istruzione e ha accolto quello presentato dalle vittime, ripristinando l’originaria entità del risarcimento stabilita in primo grado e poi ingiustificatamente ridotta in appello. Si tratta di un risarcimento per danno non patrimoniale, che comprende il danno morale e quello biologico.
Il professore, già condannato in via definitiva a nove anni e sei mesi di reclusione, aveva iniziato le molestie durante l’orario scolastico e all’interno dell’istituto, per poi arrivare agli episodi più gravi durante una gita scolastica, anch’essa considerata attività riconducibile alla funzione pubblica.
Mancata vigilanza e prevedibilità dell’abuso
La Suprema Corte ha richiamato anche il dovere di vigilanza dello Stato: l’amministrazione scolastica avrebbe dovuto intervenire tempestivamente, attivando i controlli necessari ben prima dell’escalation dei comportamenti del docente.
Inoltre, la Cassazione corregge la sentenza d’appello nella parte in cui non ha approfondito il legame tra l’abuso e la funzione educativa, sottolineando che l’evoluzione della relazione docente-alunno verso una dinamica abusante non è affatto un evento imprevedibile, ma una possibilità astratta che impone misure preventive rigorose.
La Corte precisa infatti che l’autorità educativa conferita al docente può purtroppo trasformarsi in uno strumento di manipolazione, permettendo al responsabile di agire su un piano emotivo, disciplinare o fisico, e rendendo i minori vulnerabili ad abusi.
Una posizione che richiama anche i principi sovranazionali
La decisione si fonda anche su principi di diritto internazionale, ribadendo che affidare un minore a un adulto in posizione di potere — come nel caso degli insegnanti — implica un obbligo rafforzato di protezione. Le istituzioni devono pertanto predisporre sistemi di controllo e prevenzione efficaci, in particolare quando sono coinvolti soggetti fragili come i minori.