Il genitore esercente la responsabilità genitoriale sul minore ha convenuto in giudizio il Miur, l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, l'Ambito Territoriale Provinciale di Roma e l'Istituto Comprensivo del figlio, chiedendo, in via cautelare, di emettere, anche inaudita altera parte, i provvedimenti necessari e idonei a far cessare immediatamente la condotta discriminatoria nei confronti del minore portatore di handicap, con conseguente assegnazione allo stesso dell'insegnante di sostegno per ore 22 settimanali. Parte ricorrente sosteneva che il competente gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica (Gruppo di lavoro operativo handicap) redigeva, in data 02.12.2019, per il corrente anno scolastico, il Piano Educativo Individualizzato (in sigla PEI) per il bambino, con espressa indicazione della necessità di un docente di sostegno per un numero di ore settimanali pari ad 22, maggiore a quello assegnato provvisoriamente per garantire l'integrazione scolastica dell'alunno (n. 7 ore settimanali). Tribunale Rieti, 24/04/2020

Se nella fase che precede la redazione del piano educativo individualizzato sussiste ancora, in capo all'amministrazione scolastica, il potere discrezionale, espressione dell'autonomia organizzativa e didattica, di individuazione della misura più adeguata al sostegno, la successiva formalizzazione del piano suddetto determina il sorgere dell'obbligo dell'amministrazione di garantire il supporto per il numero di ore programmato ed il correlato diritto dell'alunno disabile all'istruzione come pianificata, nella sua concreta articolazione, in relazione alle specifiche necessità dell'alunno stesso (Cass., Sez. Un., n. 5060 del 28/02/2017). L'approvazione del P.E.I. determina, dunque, la consumazione del potere autoritativo dell'amministrazione e la relazione che si instaura tra l'alunno disabile e l'amministrazione va ricondotta allo schema diritto soggettivo - obbligo, con conseguente devoluzione della controversie inerenti la mancata assegnazione delle ore di sostegno corrispondenti al piano individuale al giudice ordinario, al quale spetta la repressione dei comportamenti discriminatori.

La sussistenza della legittimazione dell'Istituto Scolastico presso il quale risulta iscritto il minore risulta infatti fondata, da una parte, sulla immediata individuazione del luogo fisico e istituzionale in cui si è verificata la condotta discriminatoria e sulle conseguenti responsabilità del rappresentante legale del centro di imputazione giuridica ad esso ascrivibile, che, nel caso in specie, è senz'altro l'istituzione scolastica menzionata, in solido con il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e quindi con la sua articolazione regionale (Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio) e provinciale (Ambito Territoriale Provinciale di Roma) - i quali tutti (ad eccezione dell'Ambito Territoriale Provinciale, non costituitosi) sono del resto difesi dall'Avvocatura dello Stato - e, dall'altra, sulle competenze proprie del Dirigente scolastico nell'era dell'autonomia scolastica, il quale adotta, ex art. 25 comma 4 D.Lgs n. 165/2001, i provvedimenti di gestione delle risorse e del personale - eventualmente anche in esecuzione dell'ordine di cessazione della condotta discriminatoria disposto dal Tribunale ex art. 28 comma 5 d. lgs. 150/2011 - ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e dei risultati del servizio, oltre ad avere autonomi poteri di direzione, coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane (cfr. Corte appello L'Aquila sez. I, sentenza n. 27/11/2019, n.1976).

Ove il piano educativo individualizzato elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica abbia prospettato il numero delle ore necessarie per il sostegno scolastico dell'alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l'amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica, capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l'assegnazione, in favore dell'alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo - se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi - all'attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell'alunno disabile all'istruzione, all'integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini (si veda in questo senso, Consiglio di Stato con la decisione n. 2023 del 3 maggio 2017; da ultimo, TAR Campania-Napoli, sentenza n. 5668/2019).

Pertanto l'omissione o le inefficienze nell'apprestamento, da parte della scuola, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all'attivazione, in suo favore, di un intervento corrispondente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico e che l'una o l'altra sono pertanto suscettibili di concretizzare, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell'offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta vietata dall'art. 2 L. n. 67/06, per tale intendendosi anche il comportamento omissivo dell'amministrazione pubblica preposta all'organizzazione del servizio scolastico che abbia l'effetto di mettere la bambina o il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri.