Non è infrequente l'ipotesi che l’amministrazione disponga erroneamente nei confronti dei propri dipendenti il pagamento di somme non dovute. In tali casi corre l'obbligo per l'amministrazione di provvedere al recupero delle somme corrisposte e non dovute.
L’amministrazione ha il diritto, che trova il suo fondamento nell’art.2033 cod. civ., di recuperare le somme indebitamente corrisposte a titolo retributivo ai propri dipendenti.
Pertanto, il funzionario delegato, qualora accerti che a breve scadenza, colui che ha riscosso più del dovuto, debba ricevere altre somme allo stesso titolo, dispone il recupero, detraendone l'importo dal nuovo pagamento.
Al recupero si provvede ai sensi dell’art. 406 del Reg. Cont. Gen. dello Stato mediante ritenute dirette sulle rate di stipendio entro il limite del quinto e entro il termine di prescrizione decennale.
Tuttavia l’amministrazione non può pretendere immediatamente ed integralmente la restituzione di quelle somme che fossero ormai state consumate per i bisogni essenziali di vita del dipendente e della sua famiglia e che fossero state percepite in buona fede.
In tal caso il recupero deve avere luogo mediante una rateizzazione disposta in modo da non arrecare un eccessivo disagio economico al dipendente.
In materia di ripetizione di somme non dovute c’è stata un’evoluzione della giurisprudenza. Mentre, in un primo tempo, si era ritenuto che la buona fede dell’accipiens precludesse in ogni caso il recupero delle somme indebitamente pagate, invece la più recente giurisprudenza ritiene legittimo un recupero convenientemente rateizzato, con modalità tali da non arrecare eccessivo disagio economico al dipendente. (Consiglio di Stato IV 27/10/1988, n.822)
La percezione di assegni non dovuti potrebbe costituire infrazione disciplinare, quando il dipendente abbia indotto in errore l’amministrazione mediante dichiarazioni non veritiere ovvero abbia più volte percepito un assegno per lo stesso titolo ( Consiglio di Stato 30/9/1980, n.797)
La modalità di recupero è diversa a seconda che colui che ha ricevuto l’indebito pagamento sia ancora dipendente dell’amministrazione ovvero abbia cessato il rapporto con l’amministrazione.
Nel primo caso, se colui che ha riscosso più di quanto dovuto deve a breve scadenza riscuotere altre somme allo stesso titolo, l’amministrazione a norma dell’art.496 del R.D.n.827/1924, dispone il recupero, detraendone l’importo dal nuovo pagamento.
Il recupero così effettuato – ritenuta diretta – non richiede la preventiva contestazione, né il preventivo assenso dell’interessato, al quale è tuttavia dato di opporsi mediante ricorso.
Del recupero deve essere presa nota tanto nel documento giustificativo del pagamento errato, quanto su quello a carico del quale viene disposta la rettifica.
Se colui che ha riscosso indebitamente in più di quanto dovuto, deve riscuotere a breve scadenza altra somma, per un diverso titolo e pertanto a carico di un diverso capitolo di spesa, l’amministrazione trattiene la somma da recuperare dall’ordinativo emesso per il nuovo pagamento, sul competente capitolo di spesa.
A carico di questo stesso capitolo emette un altro ordinativo di importo pari all’ammontare del recupero, intestato al nome del creditore, ma con la clausola di commutazione in quietanza in conto entrate eventuali del tesoro.
Se colui che ha riscosso la somma non dovuta non ha più rapporti con l’istituto, ma trovasi in altro servizio alle dipendenze dello stato, la richiesta di recupero va avanzata all’ufficio di attuale dipendenza, il quale opera in modo analogo a quanto sopra detto.
Se invece egli non è più legato da rapporto d’impiego o di credito con l’amministrazione, l’amministrazione invita il debitore a versare la somma alla sezione di tesoreria provinciale, a mezzo conto corrente postale a norma dell’art.1 RDL n.2609 del 1927.
La lettera di accompagnamento che chiede l’esecuzione del rimborso deve contenere adeguata indicazione e motivazione del recupero.